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venerdì 20 agosto 2010

VEDI AMALFI E FORSE MUORI













Antonio Scurati


La costiera amalfitana, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, pare voler ammettere solo un’umanità vacanziera e gaudente, non un’umanità autentica e quindi dolente. In queste magnifiche terre ci puoi trascorrere una settimana di vacanza ma non ci puoi invecchiare, ci puoi contemplare il paesaggio ma non ti ci puoi ammalare, ci puoi ammirare le vestigia del passato ma non vivere (bene) nel presente. Inebriati pure della superba vista dalla terrazza di Villa Cimbrone a Ravello ma non ti sognare di farti venire un infarto o di incappare in un incidente stradale. Saresti spacciato. L’attuale proposta di Piano Sanitario Regionale prevede, infatti, per la Costa d’Amalfi, la sostituzione dell’ospedale con una struttura non ospedaliera. In buona sostanza significherebbe: niente più pronto soccorso, niente più rianimazione, cardiologia, chirurgia d’urgenza. In termini crudi e reali significa che una persona colta da accidente (infarto, ictus, incidente stradale ecc.) ad Amalfi, ad Atrani o a Ravello, avrebbe ottime probabilità di morire per strada, sulla strada lunga e tortuosa per Salerno, esalando il suo ultimo respiro in un ingorgo di torpedoni turistici, come è già successo molte volte in passato (si ricorda, fra l’altro, Salvatore Quasimodo, stroncato da infarto ad Amalfi). Se consideriamo che l’attuale presidio ospedaliero di Castiglione minacciato di soppressione - il meno dispendioso dell’intera Campania in rapporto al numero degli abitanti -, oltre ai circa 10.000 accessi di solo pronto soccorso l’anno, effettua almeno 50 interventi «salvavita» di rianimazione, si può facilmente calcolare che oggi più di due persone al mese vi vengano strappate alla morte. Insomma, da queste parti il piano di tagli della Regione Campania costerebbe almeno un paio di morti al mese. Ma c’è di più. Qui c’è in gioco una questione di civiltà: alla salvaguardia dell’ospedale di Castiglione sono appese le residue speranze riguardo al futuro della modernità (ammesso che ne abbia uno) in questa regione d’Italia e, forse, in tutto il suo Meridione. L’attuale piccola struttura ospedaliera sorge sul territorio di un Comune, quello di Ravello, giustamente celebre nel mondo per la sua incomparabile bellezza paesaggistica e per la sua secolare storia artistica e civile. È, fra l’altro, un territorio in un certo senso ricco. Un «senso» che rischia di produrre significati aberranti. Negli ultimi anni, soltanto a Ravello sono sorti (o risorti) tre alberghi a cinque stelle lusso (oltre a quelli già esistenti). Se allarghiamo lo sguardo, incontriamo subito numerose altre contraddizioni brucianti. La Campania, ad esempio, è la regione italiana che ha il più alto numero di ristoranti «stellati», la maggior parte dei quali concentrati proprio negli ottanta chilometri di costa che vanno da Vietri a Sorrento. Infine, si consideri questo: nel momento in cui scrivo, in molte delle spiagge della «divina costiera», poste sotto il patrocinio dell’Unesco, vige un divieto di balneazione. I rilievi del mese di luglio hanno riscontrato livelli di colibatteri dieci volte superiori alla soglia massima consentita. La causa è molto semplice e antica quanto una piaga atavica: gli esseri umani defecano. Ignorando questa circostanza, quasi tutti gli splendidi borghi della Costa d’Amalfi, a dispetto di ogni presunta vocazione turistica, non si sono mai dotati di un depuratore. La conclusione, insomma, potrebbe esser sinistra. La Costa d’Amalfi rischia di candidarsi a triste paradigma del ritorno a un modello sociale premoderno, in cui il prestigio non produce sviluppo, in cui la ricchezza (di pochi) rimane disgiunta dal benessere (di molti), in cui un metro più in qua degusti delizie raffinatissime in una magione a cinque stelle a bordo di una infinity pool e un metro più in là muori come un cane colto da infarto in mezzo alla strada. Una spirale regressiva ben sposata ad alcune innovative tendenze del marketing avanzato che puntano tutto sull’effetto cartolina. Si tratta di inquadrare bene il panorama mozzafiato ignorando il contorno di abusivismo edilizio, di ammirare in lontananza un mare in cui non ci si può bagnare, di degustare gli spaghetti al limone nella saletta riservata di un ristorante gourmet dimenticando i limoneti abbandonati. Una deriva del genere è inaccettabile. Lo è a maggior ragione perché la splendida, e per tanti aspetti privilegiata, Costa d’Amalfi rappresenta, per una regione luttuosa e dissestata come la Campania, un’ipotesi possibile di sviluppo virtuoso, quasi un sogno di felicità, quasi un barlume di speranza nel lieto fine di una travagliata modernità. Quella deriva è inaccettabile proprio perché, a fronte di tutti i vizi e i rischi descritti, i segni di un possibile destino esemplare per queste terre antiche e, al tempo stesso, futuribili non mancano. Pensiamo proprio all’esperimento Ravello, al grande festival che vi si tiene durante tutta l’estate e alla recente costruzione del magnifico auditorium progettato da Oscar Niemeyer. Ma non può esserci un modello di civiltà moderna senza ospedale, non c’è lieto fine senza chirurgia d’urgenza. Tutti noi che amiamo queste terre e, soprattutto, la speranza che vive in loro, ci auguriamo che il nuovo governatore della Campania lo capisca.



Articolo di Antonio Scurati

Pubblicato da “la Stampa”

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